Il Gioco dell’oca di Philippe Caillé: mediare le narrazioni delle relazioni

Abstract: Una delle abilità richieste al counselor ed al mediatore è la particolare rapidità di lettura e di intervento. In questo articolo si intende mostrare come il Gioco dell’Oca di P. Caillé può essere uno strumento prezioso negli interventi di counseling e di mediazione di relazioni familiari o lavorative per favorire in modo immediato e semplice la comunicazione della storia e dei vissuti emotivi dei singoli membri del sistema e per permettere una nuova narrazione

“Ho incontrato il Gioco dell’oca di P. Caillé leggendo il suo testo (P. Caillé e Y.Rey, Gli oggetti fluttuanti, Armando ed. 2005, pag. 91-107) e ho sentito immediatamente risuonare in me l’eco della mia infanzia… il mio nonno… la nostra piccola famiglia riunita attorno al tabellone… le battaglie per assicurarsi il segnaposto più simpatico… tre generazioni in gioco…

Da allora non ho smesso di ‘giocare’ con tre generazioni: sono infatti diventata mediatrice familiare e counselor ad indirizzo sistemico, includendo così in ogni mio intervento la storia familiare delle persone che chiedono il mio aiuto.

Confesso che il tabellone del gioco dell’oca rappresentato nel libro non mi è proprio piaciuto… Mi sono quindi rivolta ad una giovane artista per trovare insieme a lei il modo migliore di realizzare questo progetto. Le indicazioni di Caillé sono chiare: un percorso a spirale con dieci caselle vuote, sette carte riproducenti sette simboli: l’oca, il ponte, la morte, la prigione, il pozzo, l’hotel, il labirinto.

Ben consapevole dell’importanza e dell’influenza delle immagini e del colore ho chiesto di progettare qualcosa che, pur essendo scarno di immagini e privo di colore, potesse creare la suggestione di un viaggio nella storia. È nata così l’idea di una mappa anticata, simile alla mappa di un tesoro… metafora ricchissima quando si lavora alla ricerca di… !!!

In un gruppo di lavoro, invece, l’elencazione degli eventi significativi è diventata strumento di mediazione che – senza bisogno di aggiungere parole – ha permesso uno spazio di incontro nel momento in cui un partecipante ha proposto di collocare sul tabellone un episodio che conteneva un implicito riconoscimento professionale verso un collega lì presente e con il quale al momento c’erano grosse tensioni. (…)”

L’articolo completo si trova in
“Immagine e relazione – L’immagine nella pratica clinica, in mediazione e nello psicogiuridico. L’esperienza dei Centri Co.Me.Te.”
In Riga ed. n.2, data pubblicazione 2018